Il grande scultore dipinge
  • Tipologia
  • Ritaglio stampa
  • Autore
  • Polignoto
  • Dati Pubblicazione
    • Luogo di edizione Milano
    • Lingua italiano
  • Abstract
  • L'articolo affronta, con toni critici, la carriera e la produzione di Giacomo Manzù. Scrive l'autore: " (...) La carriera di Giacomo Manzù è nota. All'improvviso apparve un plastico che rielaborava Medardo Rosso e Leonardo Da Vinci mettendosi risoluto, nella sua ambiguità, sensualità e sensibilità, contro la rigida scultura novecentesca di puri valori e manichini. Alla fine piaceva un sentimento e magari un sentimentalismo. Così la fortuna gli arrise pure improvvisa e culminò col Gran Premio alla IV Quadriennale. Critici, artisti, collezionisti, signore intellettuali esaltarono quelle creature fatte di luce e di carezze, di dico e non dico, di celeste spirito e di madida pelle. E oggi non si esita a riconoscere nel bergamasco tutte le possibili virtù degli antichi e dei moderni. Si parla di "gloria", gli si dice "angelo". Si arriva al punto di scrivere che la sua fede cristiana conta più encicliche e pastorali e che il suo ultimo lavoro supererà in importanza gli Orrori di Goya. Ma a noi pare che il cristianesimo di Manzù sia, piuttosto, un cattolicesimo letterario alquanto torbido, non diverso da quello di Scipione. Ci sarà un sentimento cristiano, ma va ancora depurato. Né approviamo Venturi quando sostiene che Manzù non si ferma alla "pelle" e che è uno scultore pieno e monumentale. Se c'é uno scultore pittorico, quasi un Bazzano in certi momenti, se c'è uno scultore che rischia di finire in epidermide, questo è proprio Manzù".
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