La prima volta di Manzù
  • Tipologia
  • Ritaglio stampa
  • Autore
  • Quesada Mario
  • Dati Pubblicazione
    • Luogo di edizione Roma
    • Lingua italiano
  • Abstract
  • L'articolo recensisce la mostra di Giacomo Manzù allestita a Castel Ivano e, oltre a riportare il testo dell'intervista allo scultore pubblicata nel 1937 sulla rivista "Frontespizio", si domanda in cosa distino Manzù e un artista coevo come Marino Marini dall'esempio del più anziano Arturo Martini. Scrive l'autore: "Gli inizi di Manzù sono erratici: scolpisce, dipinge, lavora alla decorazione, distrugge gran parte delle prime sculture, i primi bassorilievi in gesso colorato. Tra le opere rimaste s'avverte l'adesione spontanea al primitivismo, ma a differenza di Martini guarda oltre gli etruschi, a fonti più remote, micro-asiatiche e minoiche, cercando forme abbreviate, volumi compatti, espressioni decise. (...) I ritratti virili, in gesso, creta, cemento o terracotta policromi (...) lo avvicinano a Marino Marini e nei disegni e nei dipinti (...) Manzù sembra aver assimilato la pittura affocata di Scipione, la deformazione della figura. Marino Marini, pure, aveva guardato a Martini, ma ciò che sappiamo di certo è che, dopo una iniziale adesione attraverso il comune fervore per gli etruschi, preferì Giovanni Pisano, Tino da Camaiano, Donatello. Questa ingratitudine per lo stesso padre unisce Marini e Manzù e porta entrambi verso modi autonomi".
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