L'articolo, nel recensire la mostra di Giacomo Manzù organizzata dal gruppo "Altana" a Milano, presso Palazzo Reale, pur condividendo l'asserzione fatta dal Venturi nella prefazione al catalogo della mostra, "che Manzù sia un artista autentico", sottolinea alcuni dei limiti della produzione dello scultore bergamasco. "Manzù - scrive l'autore - pare non avere soprattutto tenuto conto o, almeno, avvertibilmente risentito dei movimenti che, dopo il cubismo, si proposero di riportare la pittura e la scultura a quella purezza ed essenzialità plastiche che dichiaravano smarrite, all'incirca, con l'avvento del romanticismo e, più tardi, dell'impressionismo. Difficile sarebbe discernere se tale suo atteggiamento sia determinato da pigrizia, indifferenza verso teoriche e speculazioni sovente tendenziose e viziate d'intellettualismo, eppure non tutte gratuite e infeconde, o da naturale quanto cautelosa diffidenza. Del caso, preme soltanto constatare come siffatto rifiuto non possa comunque dirsi attivo; proprio considerando, talvolta, la esiguità degli schemi costruttivi, la scansione incerta degli spazi e dei volumi: in breve, una certa gracilità dei valori architettonici nelle sue opere (e si osservi, per contro, il lavoro sottile e proficuo svolto, da un Marini, su quelle tracce).