L'articolo, pur esortando il pubblico a visitare la mostra antologica di Giacomo Manzù allestita dal gruppo Altana, per iniziativa del sovrintendente Guglielmo Pacchioni, presso l'ex Palazzo Reale di Milano, esprime alcuni dubbi in merito alla produzione dell'artista bergamasco. "La maggior parte delle opere esposte - scrive l'autore - risentono (...) del pittoricismo di Medardo Rosso. Questo è il lato purtroppo più appariscente e meno comprensibile, secondo me, di Manzù. Gli effetti "pittorici" non mancano mai nella grande statuaria di tutti i tempi; ciononostante il loro prevalere sugli altri elementi denuncia una deviazione anzi una corruzione della scultura. Sei millenni di storia delle arti plastiche sembrano insegnare che nelle epoche più gloriose (di maggior fervore religioso) i compiacimenti superficiali sono quasi assenti mentre appare in tutta la sua solenne maestà la invincibile segreta potenza del ritmo architettonico. Il contrario avviene nelle epoche di decadenza. La storia insegna pure che i grandi artisti non si abbandonano supinamente alle lusinghe effimere del proprio tempo, anzi contribuiscono a modellare quello che viene dopo di loro. Così spero che farà Manzù. Egli ha talento ed è giovane, perciò lo ritengo una grande speranza nostra".